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Concorso scuola 2024: come candidarsi con un titolo estero

di Michela de Julio
Consulente legale e Traduttore ufficiale

Se hai ottenuto il tuo titolo di studio o abilitazione professionale all’estero e desideri partecipare al prossimo concorso docenti, questa guida è pensata per te. Analizziamo insieme le opportunità previste dalla normativa per il riconoscimento dei titoli esteri, sia come titolo principale che accessorio, per garantirti il massimo punteggio in graduatoria. Il concorso, previsto per novembre-dicembre 2024, richiede che i percorsi abilitanti si concludano entro l’anno per permettere ai neo abilitati di partecipare, in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
È fondamentale che i candidati comprendano i dettagli dei requisiti e si preparino adeguatamente per soddisfare le condizioni stabilite. I candidati in possesso di titoli o qualifiche estere avranno tre possibilità: richiedere il riconoscimento accademico del titolo di laurea ottenuto all’estero presso un ateneo italiano riconosciuto dallo Stato; richiedere il riconoscimento della qualifica abilitante presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito (Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione e formazione – Ufficio VIII “Internazionalizzazione del sistema educativo di istruzione e formazione); oppure richiedere il riconoscimento del titolo estero come titolo accessorio ai fini dell’attribuzione di punteggio nella graduatoria finale. Analizziamo da vicino queste possibilità in linea con la normativa vigente e come funzionano i procedimenti di riconoscimento correlati.
I candidati che hanno ottenuto all’estero titoli analoghi a quelli previsti dal bando potranno essere ammessi al concorso purché tali titoli siano stati riconosciuti ai sensi della normativa italiana vigente. Nel caso in cui il procedimento di riconoscimento del titolo estero o della qualifica abilitante sia ancora in atto, i candidati potranno essere ammessi con riserva, a condizione che il decreto di riconoscimento venga prodotto prima della fase conclusiva del concorso, ovvero dopo il superamento delle prove scritte.
Questa guida ti fornirà tutte le informazioni necessarie per navigare con successo il processo di riconoscimento e partecipazione al concorso docenti 2024. Se hai bisogno di supporto tecnico per preparare la documentazione, contattami e sarò lieta di aiutarti.Il nuovo bando di concorso per docenti è alle porte. Durante una recente interrogazione parlamentare, avvenuta il 15 maggio scorso, il Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione e del Merito, Paola Frassinetti ha annunciato che il nuovo concorso per docenti sarà bandito tra novembre e dicembre 2024. Questo concorso, previsto per la fine dell’anno, richiede che i percorsi abilitanti si concludano entro il 2024 per permettere ai neo abilitati di partecipare, in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

 

Anticipazioni sul bando di concorso 2024 atteso il prossimo autunno

Il Concorso Scuola 2024 costituisce un elemento chiave per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR, contribuendo in modo significativo al rinnovamento e al rafforzamento del corpo docente italiano. La sua struttura e i requisiti di accesso sono progettati per garantire trasparenza, equità e un elevato standard di competenze tra i candidati, riflettendo le ambizioni di riforma e miglioramento del sistema educativo italiano.

Il concorso scuola 2024 rappresenta una fase cruciale nella transizione verso la nuova riforma della formazione e del reclutamento dei docenti, introdotta dalla legge di conversione n. 79 del 29 giugno 2022, e mira a raggiungere l’obiettivo di 70.000 assunzioni a tempo indeterminato delineato nel PNRR. Le assunzioni, inizialmente previste entro il 2024, sono state oggetto di revisione degli accordi con la Commissione Europea con un piano aggiornato che prevede 20.000 insegnanti entro dicembre 2024, 20.000 insegnanti entro settembre 2025 e 30.000 insegnanti entro giugno 2026. Le prossime scadenze del concorso includono il Concorso straordinario ter per le assunzioni nell’anno scolastico 2024/25 e il concorso annunciato per l’autunno 2024, per le assunzioni nell’anno scolastico 2025/26, con un totale di circa 24.694 posti disponibili, determinati dai posti vacanti per l’anno scolastico 2024/25 e dai posti non assegnati dal Concorso straordinario ter.

Per partecipare al concorso, i candidati devono soddisfare uno dei seguenti requisiti: –

·         Laurea di accesso alla classe di concorso o abilitazione.

·         Abilitazione o diploma per ITP.

·         3 anni di servizio negli ultimi cinque, svolti nella scuola statale, di cui uno specifico per la classe di concorso.

·         Laurea + 24 CFU conseguiti entro il 31 ottobre 2022.

·         Laurea + almeno 30 CFU dei 60 CFU validi per l’abilitazione.

·         Inoltre, il concorso sarà aperto anche a chi ha completato percorsi abilitanti da 30 CFU, con l’obbligo di acquisire i restanti 30 CFU dopo un’eventuale vittoria nel concorso, e a coloro che hanno completato percorsi da 60 CFU.

Il nostro focus sui candidati in possesso di titoli esteri

Quello che ci interessa analizzare in questo articolo sono le opportunità riservate ai candidati che abbiano ottenuto il titolo di studio o l’abilitazione professionale all’estero e intendano spendere la propria qualifica o come titolo principale o come titolo accessorio per garantirsi il massimo del punteggio in graduatoria.

Vediamo insieme quali sono le possibilità previste dalla normativa per il riconoscimento dei titoli esteri al fine della partecipazione al prossimo concorso docenti 2024 che verrà bandito il prossimo novembre.

Alla luce delle nuove disposizioni legislative, i candidati con titoli di studio esteri devono presentare tali titoli come elementi aggiuntivi per aumentare il punteggio nelle graduatorie, e non come requisiti principali per l’accesso al concorso.

Infatti, con le recenti modifiche legislative, i candidati che desiderano partecipare ai concorsi per il personale docente devono essere ben informati sulle nuove regole riguardanti il riconoscimento dei titoli di studio esteri e i requisiti di accesso. La legge 25 febbraio 2022, n. 15, ha chiarito che il procedimento di equivalenza ai sensi dell’art. 38 del Decreto Legislativo 165/2001 non è applicabile ai concorsi per “professioni regolamentate”, come quella di docente. Questo significa che i titoli di studio ottenuti all’estero possono essere utilizzati esclusivamente come titoli accessori per incrementare il punteggio nella graduatoria finale, ma non come titoli di studio principali, salvo che il candidato non attivi il procedimento di riconoscimento accademico o professionale prima di iscriversi al concorso pubblico, secondo le modalità previste dalla legge. Pertanto, esiste l’opportunità di spendere i titoli esteri purché questi siano stati previamente riconosciuti in quanto titoli aventi valore legale in Italia.

Come presentare il titolo estero ai fini della partecipazione al concorso scuola 2024

Infatti, i candidati che abbiamo ottenuto all’estero titoli analoghi a quelli previsti dal bando, potranno essere ammessi al concorso purché tali titoli siano stati riconosciuti ai sensi della normativa italiana vigente. Nel caso in cui il procedimento di riconoscimento del titolo estero o della qualifica abilitante all’esercizio della professione di docente ottenuta nel paese di origine sia ancora in atto, i candidati potranno essere ammessi al concorso con riserva, purché il decreto di riconoscimento venga prodotto prima della fase conclusiva del concorso, ovvero dopo il superamento delle prove scritte o quando richiesto dall’amministrazione pubblica.

Queste regole mirano a garantire un processo di selezione equo e trasparente, valorizzando le competenze acquisite sia in Italia che all’estero, pur mantenendo elevati standard di qualità nell’istruzione. Infatti, è fondamentale che i candidati comprendano i dettagli dei requisiti e si preparino adeguatamente per soddisfare le condizioni stabilite.

Pertanto i candidati in possesso di titoli o qualifiche estere, al fine di poter spendere le proprie credenziali nell’ambito del concorso avranno queste tre possibilità:

1)    Richiedere il riconoscimento accademico del valore legale del titolo di laurea ottenuto all’estero presso un ateneo italiano riconosciuto dallo Stato o presso l’Ufficio Scolastico Regionale di competenza territoriale del luogo di residenza (se si tratta di un titolo di istruzione secondaria superiore);

2)    Richiedere il riconoscimento della qualifica abilitante all’esercizio della professione ottenuta all’estero presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito;

3)    Richiedere il riconoscimento del titolo estero in quanto titolo accessorio e non principale, ai fini dell’attribuzione di punteggio della graduatoria finale, ove previsto dal bando di concorso o ai fini della progressione in carriera dei dipendenti pubblici, direttamente all’amministrazione che ha bandito il concorso.

Analizziamo da vicino queste possibilità in linea con la normativa vigente e come funzionano i procedimenti di riconoscimento correlati.

Riconoscimento accademico del titolo estero (procedimento di equipollenza)

Il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero è un processo essenziale per garantire che tali titoli abbiano la stessa validità legale dei corrispondenti titoli italiani. Questo procedimento, noto come “equipollenza”, è cruciale per permettere ai titolari di utilizzare i loro titoli esteri per scopi accademici e professionali in Italia.

L’equipollenza rappresenta il procedimento amministrativo attraverso il quale viene conferito valore legale ai titoli di studio conseguiti all’estero, integrandoli pienamente nel sistema di formazione italiano. Questo procedimento amministrativo, disciplinato dalla legge 148 del 2002, prevede una fase istruttoria dettagliata e rigorosa, durante la quale il percorso di studi del richiedente viene attentamente esaminato. Al termine di questa fase, viene emanato un provvedimento che sancisce l’equipollenza del titolo estero a un corrispondente titolo italiano, riconoscendone la validità in Italia e permettendone tutti gli usi legali previsti, in accordo con gli articoli 2 e 3 della suddetta legge, che recepisce e attua in toto la Convenzione di Lisbona sul Riconoscimento della Qualificazione riguardante l’Istruzione Superiore nella Regione Europea varata nel 1997.

Nonostante il termine “equipollenza” sia ancora ampiamente utilizzato, la legge 148/2002 ha modificato il quadro normativo, eliminando l’uso di questo termine e abrogando la procedura precedente. Attualmente, il sistema italiano si riferisce al “riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all’estero e dei titoli di studio stranieri”.

Il procedimento di riconoscimento accademico implica una valutazione da parte delle amministrazioni competenti, ovvero le Università riconosciute dallo Stato, culminando in un provvedimento che dichiara l’equipollenza del titolo estero a un corrispondente titolo italiano di primo, secondo o terzo livello, rilasciato dalle Università italiane. Il “titolo di studio equipollente” è, di fatto, il risultato finale di questa procedura.

La gestione corretta del riconoscimento dei titoli di studio esteri è fondamentale per assicurare equità e efficienza nel sistema di istruzione italiano, promuovendo al contempo la mobilità internazionale e l’integrazione di competenze diverse nel nostro Paese. Questo processo facilita l’accesso ai concorsi pubblici e favorisce le progressioni di carriera per chi possiede titoli di studio esteri, contribuendo alla valorizzazione del capitale umano globale.

In virtù della legge 148 del 2002, in ratifica della Convenzione di Lisbona del 1997, è stato introdotto, attraverso l’articolo 2, il procedimento amministrativo per la valutazione dei titoli accademici esteri di primo e secondo ciclo. Questo procedimento è finalizzato a ottenere un corrispondente titolo italiano, garantendo a chi si trasferisce in un altro Stato ed esercita il proprio diritto di circolazione, l’accesso a un nuovo sistema educativo, con il conferimento del valore legale al titolo di studio conseguito all’estero.

Per ottenere l’equipollenza di un titolo di studio estero, equivalente a quello italiano di istruzione secondaria di primo o secondo grado, è necessario inoltrare la richiesta all’Ufficio Scolastico Territoriale della regione di residenza. Quando si tratta del riconoscimento di un titolo accademico estero, le Università statali sono responsabili dell’avvio del procedimento. La documentazione richiesta deve essere completa e conforme alle normative italiane per poter essere accettata.

Inoltre, la legge 148 del 2002 stabilisce che il titolare di un diploma di scuola superiore o di un titolo accademico possa accedere al mercato del lavoro grazie a uno specifico riconoscimento del proprio percorso formativo pregresso. In questo contesto, il giudizio di equipollenza si configura come un riconoscimento ad effetto cumulativo, che consente allo studente straniero di accedere a un corso di studi superiore in un altro Stato rispetto a quello in cui ha conseguito il titolo, oppure di essere abilitato ad accedere al mercato del lavoro.

Le Università italiane, accreditate dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), sono incaricate di gestire questo procedimento amministrativo, che deve essere concluso entro 90 giorni dalla presentazione della domanda da parte del richiedente. Al termine del processo, l’Università emette un provvedimento amministrativo che conferma il riconoscimento del titolo estero. Questo provvedimento può includere misure compensative per colmare eventuali differenze curriculari, come l’acquisizione di crediti aggiuntivi, il superamento di esami supplementari o la presentazione di elaborati finali.

Il decreto di riconoscimento del titolo di studio estero, o equipollenza, è quindi il documento ufficiale con cui le Università italiane attribuiscono a un titolo di studio conseguito all’estero lo stesso valore legale di un titolo italiano. Questo riconoscimento viene rilasciato esclusivamente dagli Atenei italiani competenti, e il richiedente deve presentare la domanda presso l’Università che offre un corso di studi il più simile possibile a quello completato all’estero.

Una volta ottenuta, l’equipollenza del titolo di studio ha validità legale permanente e può essere utilizzata in modo continuativo. Tuttavia, se il titolo è richiesto esclusivamente per una specifica procedura concorsuale e non è disponibile un decreto di equipollenza, è possibile richiedere l’equivalenza ai fini della partecipazione al concorso pubblico, ma non nel caso del concorso scuola, dato che il procedimento semplificato di equivalenza non può essere esperito per le professioni regolamentate dalla legge, come analizzeremo di seguito in questo articolo. Questa richiesta permette di considerare “equivalente ai fini concorsuali” un diploma estero, limitatamente al concorso specificato nella domanda.

Riconoscimento di titoli esteri accessori per l’avanzamento in graduatoria

Per i candidati che intendono richiedere il riconoscimento di titoli esteri accessori, ai fini dell’attribuzione di punteggi aggiuntivi nei concorsi pubblici e nella fattispecie del concorso scuola, o per la progressione di carriera all’interno della pubblica amministrazione, è previsto un procedimento distinto.

Infatti, se il candidato docente possiede già il titolo di studio italiano principale richiesto per la partecipazione al concorso pubblico e desidera far valutare ulteriori titoli esteri accessori per ottenere un punteggio aggiuntivo o per avanzamenti di carriera nella pubblica amministrazione, potrà avviare il procedimento amministrativo di riconoscimento previsto dall’art. 3, co. 1, lettera a) del DPR n. 189 del 2009. Analogamente, i dipendenti pubblici che mirano al riconoscimento di una progressione di carriera mediante un titolo di studio conseguito all’estero possono attivare lo stesso procedimento.

Il DPR n. 189 del 30 luglio 2009, recante “Regolamento concernente il riconoscimento dei titoli di studio accademici, a norma dell’articolo 5 della legge 11 luglio 2002, n. 148”, all’art. 3, comma 1, lettera a) prevede che su istanza dell’amministrazione interessata, il Ministero sia competente in materia di valutazioni concernenti il riconoscimento dei titoli di studio, ai fini dell’attribuzione di punteggio per la definizione della graduatoria definitiva in caso di pubblici concorsi, nonché ai fini della progressione in carriera, su richiesta dell’amministrazione interessata.

In tali casi, la domanda deve essere presentata direttamente all’amministrazione che ha indetto il bando di concorso.

Per avviare il procedimento di equivalenza, per ottenere l’avanzamento in graduatoria ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’art.3 comma 1 lett.a) decreto Presidente della Repubblica (d.P.R.) n.189/2009; ARTT. 3 COMMA 4, 18, 19, 19 BIS, 33 DEL D.P.R. N.445/2000, ART. 2  E 48 D.P.R  N.394/1999, il candidato deve presentare la domanda direttamente all’amministrazione che ha emesso il bando di concorso, includendo i seguenti documenti da presentare all’amministrazione procedente:

1. Copia del documento di identità.

2. Istanza all’amministrazione procedente di valutazione del titolo, in formato PDF, firmata a mano o con firma digitale.

3. Copia semplice del bando di concorso pubblico o dell’avviso di riqualificazione interna dei dipendenti pubblici.

4. Autentica di copia del titolo di studio estero (pergamena) in lingua originale e autentica di copia dell’elenco esami in lingua originale (transcript of records) con indicazione dei crediti ECTS o autentica di copia del diploma supplement, entrambi con legalizzazione o apostille dell’Aja, tranne per i Paesi esenti.

5. Autentica di copia del titolo di studio estero tradotto.

6. Autentica di copia dell’elenco esami (transcript of records) tradotto.

7. Autentica di copia della Dichiarazione di valore in loco rilasciata dalle rappresentanze diplomatiche italiane, obbligatoria per titoli conseguiti presso Paesi extra UE, fuori Spazio Economico Europeo (SEE) e fuori dalla Confederazione Svizzera. La Dichiarazione di valore in loco, emessa dalla rappresentanza diplomatico-consolare italiana di competenza territoriale dello Stato al cui ordinamento appartiene il titolo di studio[1], dovrà riportare notizie esaustive in merito alla durata del corso, al valore del titolo di studio, oltre che alla natura giuridica dell’istituzione che lo ha rilasciato, all’interno del relativo ordinamento. Nel caso di specie qui analizzato, la dichiarazione di valore è un documento non richiesto per i titoli di paesi dell’Unione Europea.

8. Autentica di copia del diploma supplement tradotto. Sono ammessi diplomi supplement bilingui, di cui la seconda lingua sia l’inglese, senza necessità di traduzione in italiano.

9. Per titoli di secondo livello, dottorati o titoli post laurea, autentica di copia del titolo universitario pregresso in lingua originale e tradotto se conseguito all’estero, e autentica di copia dell’elenco esami in lingua originale e tradotto (se necessari, saranno richiesti dall’ufficio per indagini particolari) o dichiarazione sostitutiva di certificazione se il titolo pregresso è stato conseguito in Italia. È consigliato allegare l’attestato di comparabilità emesso dal Centro ENIC-NARIC Italia in copia conforme autocertificata (disponibile presso gli uffici di CIMEA). Per i dottorati di ricerca e i diversi titoli post laurea, si dovrà allegare documentazione da cui si evinca chiaramente la durata del corso di studi e gli eventuali esami, verifiche e risultati ove formalizzati, e per i diversi titoli post laurea i crediti formativi. Se il dottorato estero ha una durata inferiore ai tre anni, non è possibile procedere all’equivalenza con l’analogo titolo di dottorato italiano. Per indagini sul contenuto scientifico/disciplinare, se richiesto dal bando di concorso (ad es. dottorato in fisica), potrebbe essere richiesta copia della tesi tradotta con indicazione del link ove è stata pubblicata per la verifica. Per i titoli di primo e secondo livello, nei documenti presentati occorre che si evinca chiaramente il livello, la durata del corso di studi e i crediti formativi (ECTS) complessivi acquisiti, tranne se si tratti di titoli risalenti ad un periodo pregresso ove non sussistevano i crediti formativi universitari. Per i titoli di secondo livello e i dottorati, va indicato se vi sia stata la presentazione e discussione di una tesi/difesa finale. In casi di titoli particolarmente complessi o di vecchio ordinamento accademico del paese di provenienza, il Ministero si riserva di chiedere obbligatoriamente l’attestato di comparabilità emesso dal Centro ENIC-NARIC Italia.Per presentare correttamente la documentazione necessaria per il riconoscimento dei titoli esteri finalizzati alla crescita in graduatoria, è essenziale seguire attentamente le istruzioni dettagliate nella circolare ministeriale.

Prima di tutto, i documenti devono essere forniti in formato PDF e firmati a mano o digitalmente. La documentazione include la copia del documento di identità, l’istanza all’amministrazione procedente di valutazione del titolo, firmata a mano o con firma digitale, la copia semplice del bando di concorso pubblico o dell’avviso di riqualificazione interna dei dipendenti pubblici, l’autentica di copia del titolo di studio estero (pergamena) in lingua originale e l’autentica di copia dell’elenco degli esami sostenuti (transcript of records), con indicazione dei crediti ECTS, entrambi con legalizzazione o apostille dell’Aja, tranne per i Paesi esenti. Inoltre, è necessario fornire l’autentica di copia del titolo di studio tradotto e dell’elenco esami tradotto, l’autentica di copia della Dichiarazione di valore in loco rilasciata dalle rappresentanze diplomatiche italiane, e l’autentica di copia del diploma supplement tradotto, ove necessario.

L’autenticazione dei documenti può essere effettuata dalle rappresentanze diplomatiche italiane nel Paese estero di provenienza o, se formata in Italia, autenticata ai sensi dell’art. 18 del DPR n.445/2000. Per documenti tradotti e asseverati in Italia, è possibile presentare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi degli artt. 19 e 19 bis del DPR n.445/2000. Per quanto riguarda la legalizzazione o l’Apostille, i documenti originali e tradotti devono essere legalizzati presso le rappresentanze diplomatiche italiane o muniti di Apostille se il Paese ha aderito alla Convenzione dell’Aja. Per i titoli provenienti dal Regno Unito, è necessaria una dichiarazione di conformità all’originale con Apostille. È fondamentale utilizzare un indirizzo PEC per ricevere gli avvisi formali di integrazione documentale e il provvedimento di riconoscimento, mentre per tutte le comunicazioni intermedie è consigliato utilizzare un indirizzo di posta elettronica non PEC.

Dove inviare la documentazione per ottenere l’avanzamento in graduatoria

La documentazione deve essere inviata all’amministrazione che ha bandito il concorso o che ha avviato la progressione interna, che a sua volta trasmetterà la richiesta di riconoscimento del titolo estero al Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). La procedura deve essere avviata entro la scadenza del bando di concorso o della progressione interna e non può essere inviata direttamente al Ministero, scavalcando l’amministrazione procedente. Il Ministero ha 90 giorni per concludere il procedimento, salvo sospensioni per integrazioni documentali richieste. Il procedimento si conclude con il rilascio di un provvedimento di riconoscimento o di diniego, inviato sia all’amministrazione procedente sia al candidato interessato. In caso di diniego, è possibile presentare istanza di riesame entro 30 giorni dalla ricezione del provvedimento.

È importante assicurarsi che tutti i documenti siano leggibili, completi e correttamente nominati. I documenti devono essere formati secondo uno standard che conferisca valore di documento valido in Italia, e la traduzione in lingua italiana può essere eseguita sia in Italia che all’estero, seguendo le modalità indicate nella circolare ministeriale. Le traduzioni devono indicare chiaramente il tipo di documento e il numero di pagine tradotte e devono presentare i timbri del traduttore ufficiale, iscritto all’albo dei CTU o dei Periti del Tribunale e/o della Camera di commercio e le legalizzazioni richieste sui documenti originali. La documentazione deve includere un elenco-indice dei documenti inviati per facilitare la verifica.

È essenziale che dai documenti presentati emerga chiaramente l’ufficialità del titolo estero, ovvero che il titolo abbia ottenuto il riconoscimento, l’accreditamento o la registrazione da parte dell’organo statale competente del Paese di origine. Infatti, dalla Dichiarazione di valore delle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero e il diploma supplement, deve emergere chiaramente che il titolo accademico è “ufficiale”. Ciò significa che il titolo deve aver ottenuto il riconoscimento, l’accreditamento o la registrazione da parte dell’organo statale competente del Paese di origine, oppure deve essere presente nelle banche dati Enic-Naric gestite da tale organo. In assenza di questa “ufficialità”, che rende il titolo spendibile in tutto il Paese estero, non è possibile procedere al riconoscimento di un analogo titolo italiano.

Non possono essere riconosciuti titoli “propri” rilasciati da istituzioni che operano in autonomia senza il riconoscimento, l’accreditamento o la registrazione governativa.

Infine, è fondamentale seguire tutte le raccomandazioni e le istruzioni pratiche fornite nella circolare ministeriale per evitare ritardi o complicazioni nel procedimento di riconoscimento.

Questa procedura assicura che i titoli esteri possano essere adeguatamente valutati, permettendo ai candidati di ottenere il giusto riconoscimento delle loro qualifiche e di avanzare nella loro carriera all’interno della pubblica amministrazione italiana.

Inoltre, L’articolo 12 della Legge 25 gennaio 2006, n. 29 consente alle amministrazioni italiane di valutare le qualifiche rilasciate da istituzioni di un paese dell’Unione Europea, nei casi in cui è richiesto il possesso di un titolo di studio, corso di perfezionamento, certificazione di esperienza professionale o qualsiasi altro attestato per la certificazione delle competenze acquisite. Questa procedura è particolarmente rilevante per i candidati che desiderano partecipare a concorsi pubblici o avanzare nella carriera all’interno della pubblica amministrazione italiana.

Secondo questa normativa, l’amministrazione responsabile deve valutare la corrispondenza dei titoli o certificati acquisiti in altri Stati membri dell’Unione Europea, negli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo o nella Confederazione Svizzera. Questo processo di valutazione avviene tramite la preventiva acquisizione del parere favorevole espresso dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR).

In pratica, ciò significa che se un candidato possiede un titolo di studio o una qualifica rilasciata da un’istituzione in un altro Stato membro dell’UE, tale titolo può essere riconosciuto per fini professionali in Italia, purché vi sia un parere positivo del MUR che ne attesti l’equivalenza rispetto ai requisiti italiani. Questo meccanismo è fondamentale per garantire la mobilità professionale all’interno dell’Unione Europea, permettendo ai professionisti di far valere le proprie competenze e qualifiche acquisite all’estero anche in Italia.

 

Riconoscimento non accademico finalizzato alla valutazione dei titoli esteri (procedimento di equivalenza) per l’accesso ai pubblici concorsi NON applicabile per il concorso scuola

Oltre ai procedimenti amministrativi per il riconoscimento formale dei titoli di studio (riconoscimento accademico o di istruzione secondaria superiore) o delle qualifiche (riconoscimento professionale), il nostro ordinamento prevede anche un riconoscimento non accademico e non formalizzato per determinati ambiti istituzionali.

Il giudizio di equivalenza non formalizzato consiste in un processo volto a verificare che un titolo di studio estero sia equivalente a un titolo di studio italiano, consentendo così ai cittadini dell’UE e non UE di partecipare a concorsi pubblici. Questo permette l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, sia a tempo determinato che indeterminato.

L’obiettivo di tale procedimento è accertare che il titolo straniero soddisfi i requisiti di ammissione previsti dal bando di concorso specifico, permettendo al candidato di partecipare agli esami relativi senza la necessità di ottenere un decreto formale di equipollenza. Questo processo viene avviato contestualmente alla presentazione della domanda di partecipazione al bando di concorso, che deve essere accompagnata dalla richiesta di giudizio di equivalenza.

Ai sensi della legge n. 148 del 2002, che ratifica la Convenzione di Lisbona, l’articolo 5 stabilisce che “il riconoscimento dei titoli accademici per finalità diverse da quelle indicate nell’articolo 2 è operato da amministrazioni dello Stato, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riconoscimento ai fini professionali e di accesso ai pubblici impieghi, secondo procedure da stabilire con successivo regolamento di esecuzione”. Questo permette a chi ha ottenuto un titolo di studio o una qualifica all’estero di richiedere il riconoscimento per scopi diversi da quelli accademici e professionali.

In particolare, il DPR n. 189 del 30 luglio 2009, in attuazione dell’articolo 5 della legge n. 148 del 2002, ha introdotto procedure specifiche per il riconoscimento dei titoli di studio finalizzate all’accesso ai concorsi pubblici, all’attribuzione di punteggi per le graduatorie nei concorsi pubblici, al conseguimento di progressioni di carriera, al riscatto degli anni di studio esteri a fini previdenziali, all’iscrizione ai centri per l’impiego, all’accesso al praticantato o tirocinio successivi alla laurea, e alla partecipazione a concorsi per borse di studio. Il giudizio di equivalenza non formalizzato consente, quindi, al titolare di un diploma di livello secondario superiore o terziario di partecipare a concorsi pubblici in conformità con i requisiti soggettivi previsti dalla normativa in materia di accesso al pubblico impiego, attraverso una procedura di riconoscimento semplificata disciplinata dall’articolo 38 del decreto legislativo 165 del 2001, senza necessità di ottenere un corrispondente titolo italiano o seguire il procedimento di riconoscimento accademico.

Per accedere alla Pubblica Amministrazione italiana, generalmente è necessario superare un concorso pubblico. I candidati che hanno ottenuto un titolo di studio estero, sia di scuola secondaria che di formazione superiore, possono partecipare a questi concorsi, a condizione che rispettino i requisiti soggettivi previsti dalla normativa vigente in materia di pubblico impiego. Questo processo avviene tramite una procedura di riconoscimento stabilita dall’art. 38 del Decreto Legislativo 165/2001, modificato dall’art. 8 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, e successivamente integrato dall’art. 1 comma 28-quinquies della Legge 15/2022. Le specifiche della procedura e i documenti necessari sono delineati all’art. 2 del DPR 189/2009.

Questa procedura ha lo scopo di valutare l’equivalenza del titolo di studio estero con quello italiano richiesto per un determinato concorso pubblico. Non si tratta di ottenere un titolo italiano equivalente (equipollenza), ma di verificare se il titolo estero può essere considerato equivalente ai fini dell’ammissione al concorso specifico. Pertanto, la domanda di equivalenza deve essere presentata insieme al bando di concorso al quale si intende partecipare.

Il Modulo per la richiesta dell’equivalenza del titolo di studio straniero a carattere accademico, predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica, può essere scaricato online. Questo modulo contiene l’elenco completo dei documenti necessari per presentare la domanda di equivalenza. Inoltre, indica chiaramente l’ufficio competente del Ministero dell’Università e della Ricerca a cui inviare la domanda.

È importante notare che questa procedura non si applica ai concorsi per professioni regolamentate, come quella di insegnante, né all’accesso a corsi di Dottorato di ricerca. Per la valutazione di titoli esteri accessori, che servono ad attribuire un punteggio aggiuntivo in un concorso o per la progressione di carriera all’interno della pubblica amministrazione, si seguono altre modalità specifiche come illustrato sopra in questo articolo.

In sintesi, il riconoscimento dei titoli di studio esteri per la partecipazione ai concorsi pubblici italiani è un processo ben delineato che mira a garantire che i candidati con titoli stranieri siano valutati equamente, in modo da consentire loro di competere per posizioni nel pubblico impiego italiano, a condizione che i loro titoli soddisfino i requisiti richiesti.

L’istituzione italiana competente per questo tipo di procedimento è la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica – UOLP – Servizio per le assunzioni e la mobilità.

Il prestampato predisposto dal dipartimento della Funzione Pubblica per la presentazione dell’istanza di equivalenza del diploma estero è reperibile online.

Il candidato che intenda presentare istanza di riconoscimento del titolo abilitante all’accesso al concorso, potrà essere ammesso a partecipare esclusivamente con riserva di inclusione nella graduatoria finale. Responsabile della conclusione del procedimento di riconoscimento ai fini concorsuali è la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel Dipartimento della funzione pubblica, la quale provvederà ad emettere un provvedimento finale di riconoscimento solo nei confronti dei vincitori del concorso (e non anche degli altri candidati in possesso di titolo estero). Gli aggiudicatari avranno l’onere entro quindici giorni, a pena di decadenza, di inoltrare debita comunicazione dell’avvenuta pubblicazione della graduatoria al Ministero dell’Università e della Ricerca, secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 28-quinquies, punto 3 della legge 15 del 2022.

Ai sensi e per gli effetti del già citato art. 38 comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001[2], i cittadini UE e non UE sono ammessi ai concorsi pubblici italiani a condizione che presentino una dichiarazione di equivalenza non formalizzata del titolo conseguito all’estero. Tale procedura si applica ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e ai loro familiari che non sono in possesso della cittadinanza di uno Stato membro, purché titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, oltre che ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari di regolare permesso per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di richiedente asilo, ovvero dello status di protezione sussidiaria, secondo il disposto dell’art. 38 comma 3-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Il riconoscimento così ottenuto ha valore solo per l’accesso al concorso a cui si vuole partecipare e il provvedimento amministrativo di riconoscimento sarà rilasciato dall’amministrazione preposta al momento in cui è effettivamente necessario. Questo avviene, ad esempio, al superamento delle prove scritte, quando l’interessato deve comunicare immediatamente al Ministero per concludere il procedimento pendente, oppure al momento indicato nel bando di concorso.

Va chiarito che il compito di emettere il provvedimento di equivalenza del titolo estero non spetta al MUR, ma alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il MUR ha invece il compito di fornire un parere obbligatorio, sulla base del quale la Presidenza del Consiglio adotterà il provvedimento di equivalenza. Il termine per concludere il procedimento è fissato in 120 giorni, ma questo si sospende qualora sia necessario integrare la documentazione presentata durante la fase istruttoria.

Durante la fase istruttoria, il MUR può avere la necessità di approfondire l’esame del titolo presentato o di individuare la classe di laurea italiana o l’ambito della materia trattata nel corso seguito all’estero. Questo può richiedere tempo aggiuntivo, poiché potrebbe essere necessario interpellare organi interni o esterni competenti sul punto specifico.

È importante sottolineare che il procedimento descritto è finalizzato esclusivamente alla valutazione del titolo principale richiesto dal bando di concorso. Inoltre si ribadisce che il procedimento di equivalenza non può essere esperito per quei concorsi relativi alle professioni regolamentate dalla legge come quella di docente. Pertanto il procedimento di equivalenza è esperibile per altri concorsi ma non per quello docenti, né per altri concorsi relativi alla selezione per professioni regolamentate dalla legge.

Il concorso docenti 2024

Per partecipare alle procedure previste dal decreto che verrà emesso in autunno da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito per bandire il nuovo concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado su posto comune e di sostegno, i candidati devono essere in possesso, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, dell’abilitazione all’insegnamento per la specifica classe di concorso o dei requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di classi di concorso, oppure di un titolo analogo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente (con il procedimento di equipollenza sopra descritto).

Pertanto coloro che hanno conseguito un titolo di studio compatibile con quelli previsti dall’ordinamento italiano per la partecipazione al concorso docente, per essere ammessi al concorso con riserva, dovranno richiederne il riconoscimento presso l’istituzione incaricata. In questo caso un ateneo italiano – se si tratta di riconoscimento di un titolo accademico – o presso l’ufficio scolastico regionale di competenza territoriale del luogo di residenza del candidato per i titoli di istruzione secondaria superiore, laddove richiesti.

Qualora il titolo di accesso sia stato conseguito all’estero e riconosciuto ai sensi della normativa vigente, devono essere obbligatoriamente indicati gli estremi del provvedimento di riconoscimento del titolo medesimo. Nel caso in cui il titolo di accesso sia stato conseguito all’estero, ma sia ancora privo del riconoscimento richiesto in Italia, è necessario dichiarare di aver presentato la domanda di riconoscimento entro la data di scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso.

 

Riconoscimento dell’abilitazione all’esercizio della professione di docente ottenuta all’estero

Qualora i candidati siano già in possesso del titolo abilitante all’esercizio della professione di docente ottenuto all’estero, per partecipare al concorso dovranno richiederne il riconoscimento al Ministero dell’Istruzione e del Merito. È necessario che il titolo sia riconosciuto ai sensi della normativa vigente in Italia, in questo caso si tratta di riconoscimento di qualifica professionale. Pertanto, i candidati devono essere in possesso dell’abilitazione all’insegnamento per la specifica classe di concorso o di un titolo analogo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia secondo la normativa vigente.

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, con la Circolare Prot. 13731 dell’8 aprile 2024, ha delineato le istruzioni operative per la trasmissione dei documenti necessari per il riconoscimento dei titoli di insegnamento conseguiti all’estero. Questo passaggio normativo è fondamentale per i docenti che desiderano esercitare la loro professione in Italia, dopo aver ottenuto l’abilitazione all’insegnamento in altri Paesi.

La Circolare Prot. 13731 dell’8 aprile 2024 rappresenta un passo cruciale verso la standardizzazione e la trasparenza del processo di riconoscimento dei titoli di insegnamento conseguiti all’estero. Le istruzioni operative forniscono un quadro chiaro e dettagliato delle procedure che gli interessati devono seguire, assicurando al contempo che le pratiche siano conformi alle normative europee e nazionali. Questa iniziativa non solo facilita l’integrazione dei docenti stranieri nel sistema educativo italiano, ma contribuisce anche alla valorizzazione delle competenze e delle esperienze acquisite all’estero, arricchendo così il panorama educativo italiano.

In conformità alla direttiva 2013/55/UE, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 15 del 28 gennaio 2016, i docenti che hanno conseguito l’abilitazione all’insegnamento in Paesi UE e non UE possono richiedere il riconoscimento del loro titolo professionale in Italia. Le professioni per le quali è possibile richiedere il riconoscimento includono il docente di scuola dell’infanzia, il docente di scuola primaria, il docente di scuola secondaria di I grado e il docente di scuola secondaria di II grado.

È possibile richiedere il riconoscimento per le seguenti professioni:

– Docente di scuola dell’infanzia

– Docente di scuola primaria

– Docente di scuola secondaria di primo grado

– Docente di scuola secondaria di secondo grado

Il riconoscimento può essere richiesto per gli insegnamenti per i quali il richiedente è legalmente abilitato nel Paese che ha rilasciato il titolo, purché tali insegnamenti trovino corrispondenza nell’ordinamento scolastico italiano.

In caso di differenze tra la formazione professionale richiesta in Italia e quella posseduta dal richiedente, possono essere somministrate misure compensative, come prove attitudinali o tirocini di adattamento presso istituzioni scolastiche italiane.

I cittadini dell’Unione europea in possesso di titoli rilasciati da un Paese membro devono fornire un’attestazione della competente autorità che certifichi il valore legale del titolo. La normativa vigente esclude l’accettazione delle Dichiarazioni di valore in loco rilasciate dalle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero per i titoli conseguiti in un Paese UE. Per quanto riguarda il riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite nel Regno Unito a seguito della Brexit, sono disponibili specifiche indicazioni sul sito del Ministero. Sarà dedicato un articolo specifico al tema del riconoscimento dei titoli ottenuti nel Regno Unito e le loro implicazioni con l’avvento della Brexit.

Le domande di riconoscimento professionale devono essere presentate esclusivamente tramite la piattaforma SIDI “Riconoscimento Professione Docente”. Non saranno accettate altre modalità di presentazione delle domande. La documentazione pervenuta attraverso canali diversi sarà considerata irricevibile.

Modalità di Presentazione delle Domande

Le domande di riconoscimento professionale devono essere presentate esclusivamente tramite la piattaforma SIDI “Riconoscimento Professione Docente”. Questa piattaforma rappresenta l’unica modalità accettata per la trasmissione delle domande; qualsiasi altra forma di presentazione sarà considerata irricevibile. Gli utenti che hanno già presentato domanda entro il 23 ottobre 2018 continueranno a seguire la procedura precedente. Non è consentito un ulteriore invio online per coloro che hanno già trasmesso la documentazione in forma cartacea né riproporre una nuova richiesta per la stessa classe di concorso.

I candidati con un titolo abilitante all’esercizio della professione di docente ottenuto all’estero devono richiederne il riconoscimento al Ministero dell’Istruzione e del Merito tramite la piattaforma SIDI “Riconoscimento Professione Docente” (RPD), in conformità con la Circolare prot. 13731 dell’8 aprile 2024. La digitalizzazione delle procedure amministrative, in linea con il Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, “Codice dell’Amministrazione Digitale” (CAD), semplifica e velocizza il processo di riconoscimento delle qualifiche professionali di docente e di educatore per l’infanzia, precedentemente svolto in modalità cartacea.

Guida Operativa e Assistenza

Per supportare i richiedenti, è disponibile una guida operativa dettagliata sulla piattaforma. Questa guida fornisce tutte le informazioni necessarie per compilare correttamente la domanda. Inoltre, è presente un’area Service Desk Online dove gli utenti possono richiedere assistenza e consultare le FAQ.

Competenza dell’Ufficio

La gestione delle domande è affidata alla Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione e formazione, nello specifico all’Ufficio VIII “Internazionalizzazione del sistema educativo di istruzione e formazione”.

Tutti i dettagli operativi sono presenti nell’apposita guida presente sul sito del Ministero. Dopo aver acceduto all’applicazione, è disponibile un’area Service Desk Online per richiedere assistenza e consultare le FAQ.

La Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione e formazione – Ufficio VIII “Internazionalizzazione del sistema educativo di istruzione e formazione” è responsabile del processo di riconoscimento.

L’archivio dei decreti di riconoscimento è consultabile online per verificare i provvedimenti emessi.

Per ulteriori dettagli e accesso alla piattaforma, consultare il sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Ai sensi e per gli effetti della Circolare prot. 13731 dell’8 aprile 2024, sono fornite le istruzioni operative sulle modalità di trasmissione dei documenti per il riconoscimento del titolo professionale conseguito all’estero tramite la piattaforma SIDI “Riconoscimento Professione Docente” del Ministero dell’Istruzione e del Merito.

La circolare ministeriale fornisce istruzioni dettagliate sulle modalità di trasmissione dei documenti nei procedimenti amministrativi relativi al riconoscimento professionale dei docenti. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha digitalizzato le procedure amministrative inerenti il riconoscimento professionale, in conformità con quanto previsto dal Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, noto come “Codice dell’Amministrazione Digitale” (CAD). In particolare, l’articolo 3 del CAD garantisce l’uso delle tecnologie informatiche anche nelle comunicazioni tra utenti e Pubblica Amministrazione.

L’utilizzo esclusivo dell’applicativo “Riconoscimento Professione Docente” (RPD) per la trasmissione delle relative istanze risponde all’esigenza di attuare le più recenti disposizioni in materia di digitalizzazione dei servizi pubblici. Questo approccio mira a semplificare e velocizzare il processo di riconoscimento delle qualifiche professionali dei docenti e degli educatori per l’infanzia, che in precedenza veniva effettuato tramite modalità cartacea.

Sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato: un passo decisivo per il riconoscimento delle qualifiche professionali estere

Negli ultimi anni, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha spesso respinto in toto le domande di riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio della professione di insegnante conseguiti all’estero. Questa pratica ha generato un notevole contenzioso, culminato con una serie di sentenze emesse dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che hanno ridefinito i criteri per il riconoscimento delle qualifiche professionali estere in Italia.

L’Adunanza Plenaria si è pronunciata in merito al riconoscimento in Italia delle qualifiche professionali conseguite all’estero, sottolineando l’importanza di rispettare i diritti di mobilità e stabilimento sanciti dagli articoli 45 e 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

Queste sentenze sono cruciali poiché affermano che i lavoratori devono poter esercitare il diritto alla mobilità e allo stabilimento anche in assenza di specifici accordi tra i Paesi dell’Unione Europea.

In particolare, con la sentenza n. 6 del 22 aprile 2024, il Consiglio di Stato ha accolto i ricorsi in ottemperanza presentati da aspiranti docenti di ruolo, ordinando al Ministero dell’Istruzione e del Merito di esaminare e definire le domande di riconoscimento delle qualifiche professionali entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione della sentenza.

Le sentenze evidenziano che il Ministero non può rigettare automaticamente le richieste di riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero, ma deve valutare caso per caso le competenze professionali attestate dai titoli esteri, confrontandole con le qualifiche richieste dalla normativa italiana. Questo approccio implica che il Ministero debba considerare anche l’eventuale necessità di misure compensative, come previsto dalla Direttiva 2005/36/CE.

L’Adunanza Plenaria ha inoltre rilevato la necessità di misure organizzative per ridurre l’arretrato accumulato presso gli uffici ministeriali e contenere il contenzioso amministrativo. In risposta a un’ordinanza istruttoria del 4 dicembre 2023, il Ministero ha riferito di aver rafforzato l’organico della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e l’Internazionalizzazione del Sistema Nazionale di Istruzione, nonché di aver avviato una collaborazione con il Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche (CIMEA) per accelerare l’istruttoria delle domande di riconoscimento. Sembra, purtroppo, che solo per una minima parte delle domande presentate, circa il 10%, sia stata conclusa l’istruttoria.

Queste sentenze rappresentano un passo significativo verso un maggiore riconoscimento e armonizzazione delle qualifiche professionali, facilitando la mobilità dei lavoratori e l’integrazione delle competenze acquisite all’estero nel mercato del lavoro italiano.

In sintesi, le sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato affermano che il Ministero dell’Istruzione e del Merito deve valutare con attenzione le domande di riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite all’estero, garantendo il rispetto dei diritti dei lavoratori alla mobilità e allo stabilimento previsti dai trattati europei. Questa pronuncia rappresenta un passo significativo verso una maggiore armonizzazione e riconoscimento delle qualifiche professionali all’interno dell’UE, facilitando così la mobilità dei lavoratori e la loro integrazione nel mercato del lavoro italiano.

Novità per la professione docente dopo il decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). (22G00091)

La legge 79/2022 recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), introduce importanti novità per la professione docente nel 2024, modificando significativamente il reclutamento e la formazione degli insegnanti.

La legge 79/2022 introduce una serie di modifiche sostanziali al reclutamento e alla formazione dei docenti, segnando un cambiamento significativo per la professione docente a partire dal 2024. Le novità principali riguardano il percorso di formazione iniziale, le modalità di reclutamento, e la formazione continua degli insegnanti.

Il nuovo percorso di formazione iniziale per i futuri docenti diventa più strutturato e articolato rispetto al passato. Esso prevede l’acquisizione di almeno 60 crediti formativi universitari o accademici (CFU/CFA), che includono sia competenze teoriche che pratiche. Gli aspiranti docenti devono frequentare corsi presso centri universitari e accademici, dove acquisiranno competenze sulle metodologie e tecnologie didattiche innovative, necessarie per garantire inclusione ed eguaglianza nel contesto scolastico. Una componente fondamentale di questo percorso è il tirocinio diretto, che permette agli aspiranti docenti di sviluppare competenze pratiche sul campo. Questo approccio mira a creare un corpo docente più preparato e aggiornato, capace di affrontare le sfide della didattica moderna.

Una volta completato il percorso di formazione iniziale, i candidati devono affrontare un concorso pubblico nazionale, che è indetto su base regionale o interregionale. La principale novità riguarda le modalità delle prove concorsuali: non ci saranno più quesiti a crocetta, ma risposte aperte. Questo cambiamento è volto a valutare in maniera più approfondita le competenze dei candidati, garantendo una selezione più accurata e meritocratica.

Dopo aver superato il concorso pubblico, i docenti devono affrontare un periodo di prova in servizio della durata di un anno, durante il quale devono prestare servizio per almeno 180 giorni, di cui almeno 120 dedicati alle attività didattiche. Al termine di questo periodo, i docenti vengono valutati dal dirigente scolastico. In caso di mancato superamento della prova, il docente è sottoposto a un secondo periodo di prova, che però non è rinnovabile. Questo sistema assicura che solo i candidati più competenti e preparati possano ottenere una posizione stabile nel sistema scolastico.

Per accedere ai corsi di formazione iniziale, i candidati devono possedere una laurea magistrale o magistrale a ciclo unico, un diploma di II livello dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, o un titolo equipollente, coerente con le classi di concorso vigenti. Per i posti di insegnanti tecnico-pratici, è richiesto il possesso di una laurea o un diploma dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di I livello, o un titolo equipollente. Inoltre, la partecipazione al concorso è consentita a coloro che hanno svolto almeno tre anni di servizio presso istituzioni scolastiche statali nei cinque anni precedenti. Questo criterio di ammissione amplia le opportunità per i candidati con esperienza, valorizzando il loro percorso professionale pregresso.

Un aspetto rilevante della riforma è la riserva del 40% dei posti nei corsi di formazione per i docenti precari, coloro che vogliono conseguire un’ulteriore abilitazione (cosiddetti ingabbiati) e i docenti specializzati sul sostegno che desiderano conseguire l’abilitazione su posto comune. Questa disposizione mira a stabilizzare la posizione dei docenti precari e a incentivare il continuo miglioramento delle loro competenze. La bozza del DPCM prevede dei tetti massimi ai costi dei corsi di formazione iniziale: 2.500 euro per la frequenza del percorso da 60 CFU, e 2.000 euro per i percorsi da 30 CFU, rendendo il percorso formativo più accessibile.

Durante la fase transitoria, fino al 31 dicembre 2024, possono partecipare al concorso coloro che hanno conseguito almeno 30 CFU/CFA del percorso di formazione iniziale e parte dei CFU/CFA di tirocinio diretto, o che hanno ottenuto i 24 CFU/CFA entro il 31 ottobre 2022. I vincitori del concorso che partecipano con i precedenti requisiti devono completare il percorso di formazione con il superamento della prova finale per conseguire l’abilitazione all’insegnamento ed essere assunti a tempo indeterminato, previo superamento della prova annuale in servizio.

Per diventare insegnante delle scuole secondarie di primo e secondo grado nel 2024, è necessario seguire un percorso strutturato che prevede tre fasi principali: il possesso di una laurea magistrale idonea, il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento e la partecipazione e superamento di un concorso scuola.

Il primo passo consiste nell’ottenere una laurea magistrale che permetta di concorrere per una specifica classe di concorso. Le classi di concorso sono elencate nelle tabelle ministeriali, che indicano i requisiti necessari per ogni materia di insegnamento.

Una volta in possesso della laurea magistrale, il prossimo passo è conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Questo avviene attraverso un percorso di formazione iniziale che prevede l’acquisizione di almeno 60 crediti formativi universitari o accademici (CFU/CFA), distribuiti tra 10 CFU/CFA di area pedagogica e 20 CFU/CFA di tirocinio diretto e indiretto. Durante la fase transitoria, fino al 31 dicembre 2024, i 24 CFU già conseguiti entro il 31 ottobre 2022 sono riconosciuti.

L’ultimo step per diventare insegnante a tempo indeterminato è partecipare e superare un concorso scuola. Il concorso è composto da una prova scritta, una prova orale e una valutazione dei titoli personali. La prova scritta e quella orale servono a verificare le competenze disciplinari e didattiche del candidato, mentre la valutazione dei titoli prende in considerazione i meriti accademici e professionali accumulati. Al termine del concorso, viene stilata una graduatoria: solo i candidati con i punteggi più alti saranno assunti a tempo indeterminato per coprire i posti vacanti. Coloro che superano il concorso ma non ottengono un punteggio sufficiente per una cattedra possono comunque lavorare come supplenti e, man mano che la graduatoria scorre, potranno essere assunti a tempo indeterminato.

Per diventare maestro delle elementari, invece, è necessario possedere una laurea magistrale in Scienze della Formazione Primaria (LM-85bis). Dopo aver ottenuto la laurea, i candidati devono partecipare al concorso ordinario, che segue modalità simili a quelle del concorso per le scuole secondarie: prove scritte e orali, e valutazione dei titoli.

In sintesi, il percorso per diventare insegnante nel 2024 richiede un titolo di studio adeguato, l’abilitazione attraverso un percorso di formazione iniziale strutturato e il superamento di un concorso pubblico. Questo sistema è progettato per assicurare che i docenti siano altamente qualificati e preparati per fornire un’educazione di qualità agli studenti italiani.

La legge 79/2022 introduce anche la formazione continua per i docenti in servizio, attraverso la costituzione della Scuola di alta formazione. Questa istituzione fornirà agli insegnanti competenze linguistiche, digitali, pedagogiche, psicopedagogiche e sulle metodologie didattiche. Il percorso obbligatorio si svolge durante l’orario di lavoro, mentre il percorso facoltativo, strutturato in tre anni, si svolge fuori dall’orario di lavoro, è retribuito dalle scuole e mira a potenziare attività di progettazione, tutoraggio e acquisizione di metodi innovativi. Questo sistema di formazione continua garantisce che i docenti possano aggiornare costantemente le loro competenze, migliorando la qualità dell’insegnamento.

In sintesi, la riforma della scuola introdotta dalla legge 79/2022 rivoluziona il percorso di formazione e reclutamento dei docenti, rendendo il processo più strutturato e orientato alla qualità. Gli aspiranti docenti devono affrontare un percorso di formazione rigoroso, un concorso pubblico con prove aperte e un periodo di prova in servizio, mentre la formazione continua garantisce che i docenti in servizio possano continuamente migliorare e aggiornare le proprie competenze. Questa riforma mira a creare un corpo docente più preparato e competente, in grado di fornire un’istruzione di alta qualità agli studenti italiani.

Infine, la legge introduce la formazione continua dei docenti in servizio attraverso la costituzione della Scuola di alta formazione, che fornirà competenze linguistiche, digitali, pedagogiche e metodologiche. Il percorso obbligatorio si svolge durante l’orario di lavoro, mentre quello facoltativo è retribuito dalle scuole e mira a potenziare le attività di progettazione e tutoraggio.

Obiettivo insegnante nel 2024: quali sono le strade da percorrere

Diventare insegnante è una scelta che nasce da una profonda vocazione e richiede un notevole impegno per raggiungere l’obiettivo finale di ottenere un contratto a tempo indeterminato nella scuola pubblica. Questo percorso è caratterizzato da studio, dedizione e perseveranza. Con l’introduzione della legge 79/2022, il processo per ottenere l’abilitazione è diventato ancora più complesso e richiede il rispetto di specifici requisiti. In questa sezione del nostro approfondimento analizzeremo i principali step necessari per diventare insegnante nella scuola primaria e secondaria, sia per chi ha studiato in Italia che per chi ha ottenuto i propri titoli all’estero, fornendo una guida dettagliata per orientarsi in questo articolato cammino.

Lavorare nella scuola è un sogno condiviso da molti laureati, un sogno che si radica in una profonda passione per l’insegnamento e il desiderio di contribuire alla formazione delle future generazioni. Tuttavia, entrare in questo mondo non è un percorso semplice e richiede specifici titoli di studio. Non basta avere una laurea triennale; è necessaria una laurea magistrale per poter ambire a una carriera stabile e gratificante nel sistema educativo.

Per insegnare nella scuola primaria, che comprende la scuola dell’infanzia e la scuola elementare, è indispensabile una laurea magistrale in Scienze della Formazione Primaria (SFP). Questo percorso di studi è progettato per fornire le competenze pedagogiche e didattiche necessarie per affrontare le sfide dell’insegnamento ai più piccoli, con un curriculum che integra teoria e pratica in modo equilibrato.

Quando si parla di insegnare nella scuola secondaria di primo e secondo grado, cioè nelle scuole medie e superiori, il percorso formativo abilitante diventa più esigente. Infatti, ai sensi della nuova normativa, viene richiesta una laurea magistrale o specialistica in un campo specifico, correlata alla materia che si desidera insegnare. Questo significa che, oltre a una formazione di carattere generale, è necessario avere una preparazione approfondita nella disciplina scelta, che può variare dalle materie scientifiche (matematica, scienze naturali, fisica, filosofia alle lingue straniere, antiche e moderne, passando per le materie umanistiche, come storia, letteratura, storia dell’arte).

Tuttavia, ottenere una laurea non è sufficiente per ambire alla posizione di insegnante. Come specificato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), è obbligatorio conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Questa abilitazione rappresenta un passaggio cruciale, una sorta di certificazione delle proprie competenze pedagogiche e disciplinari. Senza di essa, le possibilità di ottenere un incarico stabile si riducono drasticamente, limitandosi a supplenze o incarichi a tempo determinato.

L’abilitazione all’insegnamento non è solo un requisito burocratico; è una conferma della propria preparazione e della capacità di affrontare con successo le sfide dell’insegnamento. In un contesto educativo sempre più complesso e diversificato, possedere una solida formazione e le competenze necessarie per gestire le dinamiche di una classe è essenziale.

Il percorso per diventare insegnante, quindi, è impegnativo ma profondamente gratificante. Richiede un investimento significativo in termini di tempo e risorse, ma rappresenta anche un’opportunità unica di fare la differenza nella vita di molti giovani. Per chi è disposto a intraprendere questo cammino con dedizione e passione, le ricompense personali e professionali possono essere immense.

Per insegnare nella scuola primaria, che comprende la scuola dell’infanzia e le scuole elementari, è necessario conseguire una laurea magistrale in Scienze della Formazione Primaria (SFP), identificata dalla classe di laurea LM-85bis. Si tratta di un corso di Laurea magistrale a ciclo unico proposto nell’offerta formativa di molti atenei italiani. Questo titolo è abilitante alla professione, il che significa che, una volta discussa la tesi e ottenuto il diploma di laurea, si è già abilitati all’insegnamento senza necessità di sostenere ulteriori esami o conseguire ulteriori Crediti Formativi Universitari (CFU). Il piano di studi per questo corso di Laurea prevede infatti anche un tirocinio formativo obbligatorio, che si rivela particolarmente importante per far acquisire al futuro docente esperienza pratica sul campo. Tuttavia, va precisato che per coloro che hanno conseguito il diploma di liceo ad indirizzo socio-psico-pedagogico entro l’anno scolastico 2001/02, questo titolo di istruzione secondaria superiore è ancora considerato abilitante all’insegnamento nella scuola primaria.

Per insegnare nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, il percorso è più articolato e l’impegno richiesto ai futuri insegnanti è maggiormente oneroso. Per essere abilitati, infatti, viene richiesta una laurea magistrale, specialistica o di vecchio ordinamento, corrispondente a una specifica classe di concorso. Le classi di concorso si sostanziano in una serie di codici che determinano le materie per le quali si è abilitati a insegnare. Ad esempio, una laurea magistrale in Giurisprudenza (classe LMG-01) consente di accedere a classi di concorso specifiche come A-46 Scienze giuridico-economiche e insegnare discipline quali Diritto, Economia, Economia politica. La Laurea magistrale in Lingue e Letterature può appartenere a diverse classi di laurea, a seconda della specializzazione (LM-37, 38, 39)  è possibile accedere a diverse classi di concorso per l’insegnamento di lingue straniere e relative letterature nelle scuole secondarie superiori. Alcune delle principali classi di concorso includono: A-24: Lingue e culture straniere negli istituti di istruzione secondaria di II grado. Questa classe di concorso permette di insegnare lingue straniere come Inglese, rancese, Tedesco, Spagnolo e le relative letterature.

Conoscere il codice della propria classe di laurea di appartenenza è fondamentale per capire a quali classi di concorso si può accedere. Le corrispondenze tra classi di laurea e classi di concorso sono elencate nelle tabelle ministeriali che possono essere consultate sul sito del Ministero (Tabella A allegata al DPR 19 del 14.02.2016 e Tabella A allegata al DM 259 del 9.05.2017), al fine di verificare i requisiti specifici, compresi i crediti necessari in particolari settori scientifico-disciplinari. Ad esempio, per insegnare nella classe di concorso A-45 (Scienze economico-aziendali), è necessario non solo possedere una laurea della corrispondente classe di concorso, ma anche aver superato un certo numero di esami nei settori scientifico-disciplinari specifici come SECS-P/07 (Economia aziendale) e SECS-P/08 (Economia e gestione delle imprese).

Supponiamo di avere una laurea magistrale in Scienze dell’economia (classe LM-56). Questa laurea permette l’accesso alla classe di concorso A-45, che riguarda l’insegnamento di Scienze economico-aziendali. Tuttavia, per poter insegnare queste materie, non è sufficiente il semplice possesso della laurea LM-56. È indispensabile che il piano di studi del candidato includa un numero adeguato di CFU in specifici settori scientifico-disciplinari, come SECS-P/07 (Economia aziendale), SECS-P/08 (Economia e gestione delle imprese), SECS-P/09 (Finanza aziendale), SECS-P/10 (Organizzazione aziendale), e altri settori correlati.

Per esempio, per accedere alla classe di concorso A-45, un laureato in Scienze dell’economia deve aver acquisito almeno 12 CFU in SECS-P/07 e almeno 12 CFU in SECS-P/08. Questi requisiti sono specificati nelle tabelle ministeriali e sono cruciali per assicurare che il candidato abbia una preparazione adeguata nelle aree disciplinari pertinenti.

Consultare le tabelle ministeriali è quindi fondamentale per ogni aspirante insegnante. Esse non solo confermano l’idoneità della laurea posseduta per le varie classi di concorso, ma dettagliano anche i requisiti specifici di crediti formativi che devono essere soddisfatti. La conformità a questi requisiti è essenziale per garantire l’accesso ai concorsi pubblici e, successivamente, per ottenere l’abilitazione all’insegnamento.

Un altro requisito fondamentale per diventare insegnante è l’acquisizione dei crediti formativi universitari (CFU) nell’area socio-psico-pedagogica. Fino alla fine del 2022, erano richiesti 24 CFU, ma con la riforma Bianchi, il percorso abilitante prevede ora l’acquisizione di 60 CFU/CFA, con una nuova struttura che rende il percorso di formazione iniziale più completo e orientato alla pratica didattica. La riforma, introdotta dalla legge di conversione n. 79 del 29 giugno 2022, stabilisce che questi 60 CFU devono includere 10 CFU nell’area pedagogica e 20 CFU di tirocinio diretto e indiretto. Durante la fase transitoria, fino al 31 dicembre 2024, i 24 CFU già conseguiti entro il 31 ottobre 2022 sono ancora riconosciuti. Questo cambiamento riflette l’obiettivo di fornire agli insegnanti una preparazione più solida e pratica, migliorando le loro competenze pedagogiche e la loro capacità di affrontare le sfide dell’insegnamento moderno. La legge n. 79/2022 mira a creare un corpo docente meglio preparato, capace di garantire un’educazione di qualità elevata agli studenti italiani, e rappresenta un passo significativo verso l’armonizzazione degli standard educativi italiani con quelli europei.

La riforma Bianchi, introdotta dalla legge di conversione n. 79 del 29 giugno 2022, ha apportato significative modifiche al sistema di reclutamento e formazione degli insegnanti in Italia. Tra le principali novità introdotte dalla riforma sono degne di nota:

  1. Percorso di Formazione Iniziale: la riforma ha istituito un percorso abilitante iniziale più strutturato, obbligatorio per i futuri insegnanti, che prevede l’acquisizione di 60 CFU/CFA, suddivisi in:
  • – 10 CFU nell’area pedagogica.
  • – 20 CFU di tirocinio diretto e indiretto.
  • – I restanti CFU sono dedicati a competenze teoriche e pratiche nelle metodologie e tecnologie didattiche innovative.
  1. Riconoscimento dei CFU Transitori: durante la fase transitoria, fino al 31 dicembre 2024, sono riconosciuti i 24 CFU già conseguiti entro il 31 ottobre 2022. Questo riconoscimento permette ai candidati che avevano già iniziato il loro percorso formativo di completarlo senza dover acquisire ulteriori CFU.
  2. Concorso Pubblico: la riforma prevede che, per diventare insegnante di ruolo, i candidati debbano superare un concorso pubblico nazionale, che include prove scritte con domande a risposta aperta, abbandonando i test a crocetta. Questo concorso è indetto su base regionale o interregionale.
  3. Anno di Prova: dopo aver superato il concorso, i nuovi insegnanti devono affrontare un periodo di prova di un anno in servizio. Durante questo anno, devono prestare servizio per almeno 180 giorni, di cui almeno 120 dedicati alle attività didattiche. Al termine del periodo di prova, i docenti sono valutati dal dirigente scolastico. In caso di esito negativo, il periodo di prova può essere ripetuto una sola volta.
  4. Formazione Continua: la riforma ha introdotto un sistema di formazione continua per i docenti in servizio, tramite la costituzione della Scuola di alta formazione. Questo istituto mira a fornire competenze linguistiche, digitali, pedagogiche, psicopedagogiche e metodologiche. Il percorso di formazione continua prevede moduli obbligatori durante l’orario di lavoro e moduli facoltativi, che si svolgono fuori dall’orario di lavoro e sono retribuiti dalle scuole, per incentivare l’innovazione e la qualità didattica.
  5. Potenziamento delle Competenze: l’obiettivo della riforma è migliorare la qualità dell’insegnamento, potenziando le competenze professionali degli insegnanti attraverso una formazione più rigorosa e continua. Questo include l’integrazione di tecnologie digitali e metodologie didattiche innovative nel percorso formativo.

In sintesi, la riforma Bianchi ha ridefinito il percorso per diventare insegnante, puntando su una formazione più completa e pratica, con l’obiettivo di elevare gli standard educativi e assicurare che i docenti italiani siano ben preparati per affrontare le sfide moderne del mondo dell’istruzione.

L’ultimo step per diventare insegnante a tempo indeterminato è superare il concorso scuola, che prevede una prova scritta, una prova orale e la valutazione dei titoli personali. Il risultato del concorso determina una graduatoria: i candidati con i punteggi più alti vengono assunti a tempo indeterminato per coprire i posti vacanti. Chi supera il concorso ma non ottiene subito una cattedra può lavorare come supplente, attendendo che la graduatoria scorra e si liberi un posto.

Per insegnare nella scuola primaria, è necessario partecipare al concorso ordinario dopo aver ottenuto la laurea in Scienze della Formazione Primaria (LM-85bis). Per insegnare nelle scuole secondarie, è necessario avere una laurea magistrale idonea, conseguire l’abilitazione e partecipare a un concorso pubblico.

La riforma della scuola introdotta dalla legge 79/2022 e la riforma Bianchi hanno reso il processo di formazione e reclutamento più strutturato e orientato alla qualità, assicurando che solo i candidati più preparati possano entrare nel sistema educativo italiano. Questo sistema garantisce trasparenza, equità e un elevato standard di competenze tra i candidati, contribuendo significativamente al miglioramento del sistema educativo italiano.

In conclusione, diventare insegnante nel 2024 richiede un percorso dettagliato e rigoroso, che inizia con il conseguimento di una laurea magistrale adeguata, passa attraverso un percorso abilitante strutturato e si conclude con il superamento di un concorso pubblico. Se possiedi un titolo di studio estero, è essenziale che questo venga riconosciuto secondo la normativa italiana vigente per poter partecipare ai concorsi e ottenere il massimo punteggio in graduatoria.

Conclusioni

Il Concorso Scuola 2024 rappresenta un passaggio cruciale per il rinnovamento e il rafforzamento del corpo docente italiano, in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Le nuove disposizioni legislative mirano a garantire trasparenza, equità e un elevato standard di competenze tra i candidati, riflettendo le ambizioni di riforma e miglioramento del sistema educativo italiano.

Per i candidati con titoli di studio esteri, il riconoscimento di tali titoli è fondamentale per partecipare al concorso e ottenere il massimo punteggio in graduatoria. È essenziale che questi candidati comprendano e seguano attentamente la normativa vigente, preparando correttamente la documentazione richiesta. Presentare titoli esteri come elementi aggiuntivi può aumentare significativamente il punteggio nelle graduatorie, ma non sostituirà i requisiti principali per l’accesso al concorso.

Il processo di riconoscimento dei titoli esteri può essere complesso, soprattutto in termini di preparazione della documentazione necessaria. Per evitare che la candidatura venga respinta, è consigliabile affidarsi a un esperto del settore che possa guidare i candidati attraverso le procedure e assicurare che tutti i requisiti siano soddisfatti.

In sintesi, il Concorso Scuola 2024 rappresenterà un’opportunità chiave per i candidati con titoli di studio esteri di integrarsi nel sistema educativo italiano. Prepararsi adeguatamente e comprendere i dettagli dei requisiti normativi è fondamentale per sfruttare al meglio questa opportunità e garantire un processo di selezione equo e trasparente, valorizzando le competenze acquisite sia in Italia che all’estero.

 [1] Risulta utile puntualizzare che non sempre l’istituzione che conferisce il titolo coincide con quella che eroga il corso di studi afferente al titolo stesso, dato che potrebbero identificarsi con istituzioni giuridiche distinte appartenenti a ordinamenti diversi. Non sono rari i casi in cui un’istituzione basata sull’ordinamento di un Paese eroghi un corso in virtù dell’autorizzazione concessa da un’istituzione basata in un altro Stato. In questo caso, bisognerà fare riferimento alla rappresentanza diplomatica consolare del Paese in cui risiede la seconda, ovvero quella accreditante e non quella accreditata. Questo aspetto rappresenta una delle criticità più frequenti del sistema di riconoscimento, dato che gli interessati sono spesso ignari di tale presupposto normativo e presentano la domanda per la Dichiarazione di valore al consolato sbagliato.

[2] Decreto legislativo n. 165 del 2001, cit.